La testimonianza di una ragazza, tenuta come una prigioniera dal suo ex compagno che la spiava con telecamere anche in casa.
Ancora un racconto di abusi e violenza sulle donne. Questa volta da parte di una ragazza che ha dovuto fare i conti con un fidanzato ossessivo e possessivo che è arrivato a spiarla in casa con le telecamere e che, di fatto, ha cercato di mettere fine alla sua esistenza rendendola come una prigioniera.
I terribili abusi: “Ero prigioniera in gabbia”
Dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, su Fanpage è stato aperto uno spazio dedicato alle donne e alle violenze subite. In una lettera, una giovane ha raccontato la sua storia. Una vicenda di odio e possesso davvero terribile.
“La mia è una storia di abusi psicologici con un narcisista passivo-aggressivo, mitomane e manipolatore seriale. Sono stata fidanzata per quasi due anni con il classico ‘bravo ragazzo’ dalla faccia pulita, ma dalla coscienza sporca e l’animo nero”, ha raccontato la giovane.
“Non era un ragazzo con una storia di degrado alle spalle, ma uno con il colletto della camicia ben stirato dalla madre. Mi veniva a prendere in macchina, mi regalava rose e weekend fuori porta, per poi arrivare a controllarmi con le telecamere in casa. Ma lo faceva per la mia sicurezza personale, per il mio bene, questo almeno era quello che lui diceva. Sì, sono abili manipolatori”, ha proseguito.
La realtà era ben diversa e la giovane vittima, infatti, ha spiegato: “Ero prigioniera, vivevo in gabbia. Lui viveva con delle ossessioni e manie di controllo che riguardavano anche l’ordine e la pulizia. Tutto doveva rimanere immacolato e asettico, tutto riposto in ordine e con cura […]”.
“Venivo sgridata come una bambina perfino se spostavo l’asciugamano in bagno o per come pulivo il lavello della cucina. Quello era l’unico posto a cui potevo ambire”.
I dettagli orribili e la salvezza
Nel racconto della ragazza ulteriori dettagli orribili: “Voleva vivere in simbiosi, mi considerava una parte di sé, un suo prolungamento da plasmare a sua immagine e somiglianza. Doveva dire la sua su ogni aspetto della mia vita: dall’alimentazione, al vestiario. Questo, ripensandoci a posteriori, è davvero inquietante e preoccupante […]”.
“Mi aveva allontanato dalla mia famiglia, alla quale riservava offese […]. Ero arrivata a non comportarmi più in maniera naturale e spontanea, controllavo ogni mio movimento per il timore di una sua reazione”.
Nelle parole della giovane, ecco anche le botte e le azioni violente verso di lei: “Anche il mio ‘mostro’ sfogava la sua rabbia e frustrazione contro gli oggetti, con pugni contro il muro, la sedia lanciata. Da lì allo schiaffo e la spinta il passo è stato breve. Mi sono salvata perché lui all’improvviso ha deciso di ‘scartarmi’, di ripormi nello scaffale come una bambola vecchia”.
“Una notte mi ha riportata a casa mia, lasciandomi in mezzo alla strada come un sacco dell’immondizia. Mi sono allontanata definitivamente bloccandolo sui social e stando lontana km da lui. Non mi sono più voltata indietro, nonostante i suoi messaggi, i ricatti emotivi e le minacce di suicidio. Ed è stato questo a salvarmi”.